Filosofia del servizio

Il 2024 sarà come il 1984?

Qualche settimana fa con DW, dopo la nostra riunione quindicinale, ci siamo fermati nel bar del business center dove normalmente operiamo; il bar viene gestito dalle stesse persone che gestiscono il ristorante, in un luogo, parafrasando Umberto Eco, “di cui è pietoso e saggio tacere anche il nome”.

In un momento di convivialità e di orgoglio del gerente (è così che in questa parte della Confederazione si chiama chi gestisce un locale pubblico) siamo stati messi al corrente – fra le altre cose – che quell’esercizio partecipava alla sperimentazione di una tecnologia nel settore del marketing, che consentiva di misurare, tramite un innovativo algoritmo di intelligenza artificiale (una delle parole chiave che al giorno d’oggi fanno aprire i portafogli agli investitori) il sentiment degli spettatori ad un messaggio pubblicitario; dal sito di questa compagnia rilevo che, garantendo la privacy dello spettatore, ne viene rivelato il numero, la relativa soglia di attenzione, la reazione e ne viene stimolata l’interazione tramite concorsi.

Non la penso così tuttavia: Una qualsiasi apparecchiatura che misura il mio sentiment, la mia soglia di attenzione e che mi sprona a interagire con essa la ritengo già una chiara violazione della mia privacy! E se per ciò che riguarda l’interazione posso ancora scegliere, per ciò che riguarda l’essere scrutato e misurato la mia scelta è obbligata: O consento mio malgrado ad essere sottoposto a queste misurazioni oppure posso anche lasciare il locale per andare altrove, ammesso di avere una scelta su dove poter andare.

In questo momento in cui scrivo mi viene in mente 1984, il film tratto dal romanzo di George Orwell, con l’onnipresente schermo televisivo che solo i membri del partito potevano spegnere e che misuravano le performance degli spettatori agli esercizi ginnici imposti. Quello che nel 1949 era fantascienza ora è realtà; la finestra di Overton è ampiamente spalancata sotto forma di uno schermo televisivo di quattro metri per due contornato da telecamere dotate di intelligenza artificiale che scrutano il proprio pubblico cogliendone ogni singolo battito di ciglio.

Immaginiamo un futuro in cui l’AI blocchi i conti correnti se la nostra attenzione alle statistiche di produzione dei bollitori è inferiore alla media, oppure perché ha misurato in noi un guizzo di orgoglio quando scorrevano le immagini di quella manifestazione contro l’ennesimo taglio alle pensioni.

In AnoniCloud siamo determinati a proteggere la nostra sfera privata considerata inviolabile: Come salmoni che nuotano controcorrente, ci motiviamo quotidianamente a far crescere AnoniCloud. Siamo consapevoli che noi non vedremo mai un singolo franco, euro o dollaro di contributo pubblico e che la parola privacy non è fra quelle parole chiave che provoca l’apertura automatica dei portafogli degli investitori. Ma siamo ancora qui, con AnoniCloud – il file manager (versione 2.4.3), AnoniCamera (versione 1.0.2) e prossimamente AnoniScanner; queste app per la creazione di documenti hanno come obiettivo principale la protezione della privacy degli utenti.

Vogliamo che AnoniCloud continui a crescere!

Vogliamo lavorarci per il 200% del nostro tempo!

Nei prossimi mesi lanceremo una campagna di crowdfunding per portare AnoniCloud ad uno stadio di produzione e certificare l’ecosistema tramite una società specializzata in sicurezza informatica.

Immagine tratta dal film “Orwell 1984”, diretto da Michael Radford.

Nel 1982, quando avevo 11 anni, per la prima volta ho visto dal vivo un computer. Era un IBM/360; nel 1983, per la prima volta nella mia vita, ho acceso il mio computer. Nel 1985 sulla mia scrivania apparvero un mouse e una scatola con alcuni floppy disk da 5"1/4. Ora ho circa 50 anni; ogni mattina apro il lid del mio MacBook Pro, che è n volte più potente, più veloce e più piccolo di un IBM/360, di un VIC-20 e di un Apple //c insieme. Ma nulla può superare l'emozione che ho provato entrando in quella rumorosa sala macchine, di scrivere su uno schermo così buffo e piccolo e di annusare la plastica dei miei primi supporti di memoria di massa, oramai obsoleti.